SERVONO I CAPRICCI??
- Dott.ssa Chiara Batistini
- 26 apr 2016
- Tempo di lettura: 4 min
Il periodo che va dai 2 ai 5 anni dei bambini è caratterizzato dal capriccio, dalla tendenza a dire No e/o ottenere insistentemente qualcosa.
Di per sè, i capricci sono una fase del normale sviluppo del bambino, per misurare la sua forza, la sua volontà e capacità di opporsi al genitore. Due sono gli aspetti del capriccio: uno esterno e uno più profondo.

Quello esterno, è quello più superficiale, degli atteggiamenti volti ad ottenere qualcosa (giocattolo, caramella, vestito, ecc...) che spesso l'adulto considera “sciocchezze” o di poco conto. L'aspetto profondo del capriccio riguarda invece su cosa il bambino si sta muovendo per raggiungere una determinata cosa: dal Chiedere, al Ricevere, all’Essere Ascoltati, all’Assertività, all’Opporsi, alla Determinazione, all’Essere Fermati (Rispoli, 2004). Chiedere (Rispoli, 2004) qualcosa presuppone che la risposta possa essere “Sì”, ma anche “No”. E, quando si chiede, un “No” non deve indurre rabbia e frustrazione e deve essere dato con affetto e tenerezza (più che essere giustificato razionalmente). Il No ha anche a che vedere con i limiti che devono essere molto chiari, non complicati, non troppi, premurosi. E devono essere mantenuti, sempre uguali, anche se il bambino insiste. Indietreggiare rispetto ad un limite ben posto e fisso, significa costringere il bambino al capriccio perché impara che quello è il modo di ottenere le cose. Il Ricevere (Rispoli, 2004) è, invece, un piacere che il bambino deve sentire. Nel ricevere non c’è una scelta della persona, ma si riceve quello che l’altro ci dà, ci si gode quello che ci viene dato. L'Essere ascoltati (Rispoli, 2004)nei propri bisogni (che non significa “essere accontentati” sempre) è essenziale per un bambino, perchè è il presupposto per non immobilizzarsi e chiudersi nella rabbia. L'Assertività (Rispoli, 2004) permette di sostenere un'idea, un punto di vista con successo. Ma non è voler avere ragione a tutti i costi. Un bambino che è assertivo in modo alterato, ancora una volta sta cercando l’assertività che non sente, che non gli è stata sostenuta e resa possibile, in modi impropri. E quando l’altro vuole farci fare qualcosa che ci danneggia, che è ingiusto, che è negativo per noi o per gli altri si può ricorrere all'Opposizione (Rispoli, 2004). Vale a dire che il bambino può opporsi a qualcosa che è negativo per lui, e questo è sano e normale. Ma se non c’è veramente il negativo, allora opporsi è un’alterazione, è un pretesto per fare e dire altre cose. La Determinazione (Rispoli, 2004) è il voler andare a fondo, avere tenacia, raggiungere un obiettivo e sono modalità molto importanti per un bambino. Ma la determinazione non è accanimento, non è ostinazione. Lo diventano, specie nel capriccio, perché non ottenere la cosa che si vuole è diventato qualcosa di grave, che mina alle fondamenta la sicurezza del piccolo. Allora il capriccio diventa una lotta feroce: perdere sarebbe troppo doloroso e pesante. Quando il bambino esagera nei capricci, deborda, e diventa molto irrequieto, allora è necessario che senta la possibilità di Essere fermato (Rispoli, 2004): per calmarsi, per capire quali sono i limiti e le regole, per poter stare e tranquillizzarsi. Quando “funziona bene”, un bambino deve sapere quando stare in una Esperienza e quando nell’altra, a seconda della situazione reale esterna. E in questo l'adulto lo dovrebbe aiutare.
Molto spesso, bambino e adulto si fermano all'aspetto esterno del capriccio; e questo genera rabbia e frustrazione in entrambi: il capriccio non viene superato; uno dei due “cede”, “dandola vinta” all’altro, cosa che lascia uno strascico di rancore e livore, specie nel bambino. Se il capriccio non viene sciolto nella sua radice, nel significato profondo, finirà per radicarsi, per cronicizzarsi, per divenire a poco a poco una vera tragedia. E il bambino scivolerà in una capricciosità che non è più utile alla sua crescita, ma un ostacolo che diventerà sempre più grande e limitante. Se il bambino risponde sempre al suo disagio con il capriccio, si abitua a credere che solo dall’esterno può arrivare un aiuto al suo poter star bene; e può avere difficoltà a stare solo e bene con se stesso. E quando si presenta una situazione in cui dovrebbe arrangiarsi con i propri mezzi, si innervosisce facilmente e non riesce ad organizzarsi e dà origine a comportamenti compulsivi, capricciosi.

Ma anche una carenza di aiuto, un non sciogliere il capriccio, il lasciare il bambino senza risposta adeguata crea danni e finisce per cronicizzare il capriccio. Quello che dovrebbe essere un funzionamento sporadico messo in atto per sentire ogni tanto la propria autonomia e la propria forza, viene reiterato perché resta senza risultato. E quando è ripetuto un genitore non attento può rispondere in due modi entrambi negativi:
Finisce per cedere anche quando aveva stabilito un No. E il bambino verrà a poco a poco sempre più “costretto” a ricorrere al capriccio, perché questo risulta l’unico modo in cui una richiesta può essere soddisfatta. Perché conoscono questo unico modo per essere ascoltati. Ma non saranno mai soddisfatti, perché avranno ottenuto le cose sempre con sforzo, sempre soffrendo, sempre lamentandosi. Ma anche l’adulto non starà bene perché sarà sempre sommerso dalla lamentosità e dal capriccio del figlio.
Si irrigidisce, ingaggia un braccio di ferro con il figlio: e questo porta inevitabilmente a una guerra feroce che non ha fine e che è dannosissima per tutti e due.
Rispoli (2016), Il Corpo in Psicoterapia oggi, Franco Angeli: Milano
Rispoli (2014), Il Manifesto del Funzionalismo Moderno, Alpes: Roma
Rispoli (2004), Esperienze di Base e Sviluppo del Sè, Franco Angeli: Milano www.psicologiafunzionale.it
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