top of page

SALE D'ATTESA. Gli altri, Apertura, Condivisione e Contatto.

  • Dott.ssa Camilla Bertocci
  • 29 mar 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Nell’opera teatrale di Jean Paul Sartre “A Porte Chiuse”, l’inferno è una semplice stanza arredata in stile Secondo Impero in cui i personaggi sono destinati a convivere per sempre, per l’eternità. Non ci sono riferimenti oppure oggetti, quindi niente giornali, niente orologi, nessun diversivo che consenta di intrattenersi oppure liberarsi dell’altro o di se stessi, nessuna guardia, nessuna tortura… Solamente la presenza, la compagnia, la tortura dell’altro e nell’opera teatrale qualche altra magra consolazione.

Psicologia Funzionale Firenze Cum Tactum Psicologo

Riferirsi paradossalmente ad un contesto del genere ci consente di vedere come è possibile estremizzare, nell’attualità, alcune Esperienze di Base del Sè, quali l’Apertura, la Condivisione e il Contatto (Rispoli, 2004). Immaginiamo che la stanza di Sartre sia una sala d’attesa, magari la sala d’attesa di un ambulatorio, immaginiamo questa stanza come molte, le sedie sono contro il muro ed al centro un tavolino con un mucchio di riviste, che se abbiamo fortuna, risalgono a qualche mese prima, altrimenti anni.. giornali svariati, strappati, usurati i cui angoli sono stati imbevuti dalla saliva di chiunque. La disposizione delle sedie consentirebbe il potersi guardare, parlare, incrociare eppure molti preferiscono accavallare le gambe, stringersi nei propri cappotti, rovistare nelle proprie borse per trovare lo smartphone o addentrarsi nel mucchio delle riviste per sfogliarle senza attenzione piuttosto che Condividere il proprio tempo con l’altro che fisicamente è nello stesso spazio, piuttosto che Aprirsi alla possibilità di stare con l’altro senza dover fare nulla, senza anticipare l’idea di dover fare per forza qualche cosa o intraprendere conversazioni che riguardano le teorie su buchi neri di Stephen Hawking. Nella vecchia sala d’attesa le persone il più delle volte si concedevano una vita “sociale”, quella tipica e già integrata del bambino che comincia anche prima della sua venuta al mondo, nel grembo, questi percepisce l’esistenza di più persone a cui in qualche modo è collegato con relazioni intense e vitali che hanno bisogno di essere Condivise. La Condivisione è possibile grazie all’Apertura nei confronti degli altri e ciò dovrebbe essere la normalità nella propria vita e non un elemento straordinario ed eccezionale (Rispoli, 2004).

Ma sempre più spesso la capacità di Aprirsi è caratterizzata da alterazioni quali la sfiducia verso l’altro (estraneo), senso di pericolo verso l’esterno del proprio nucleo di riferimento, la paura verso il non conosciuto (Rispoli, 2004). Ciò può concorrere alla perdita del beneficio di una socialità estesa ed una larga rete di sostegno. Ricordiamo che queste riflessioni sono estremizzazioni di una sala d’attesa che ovviamente non è sempre silenziosa, sempre ripiegata su se stessa, sempre diffidente, ma a chi non è capitato almeno una volta di stare nella sala che è stata descritta fino ad ora e tentare di rendersi invisibile anche solo respirando in silenzio? A chi non è capitato di sentire il bisogno di stare soli con se stessi anche in mezzo agli altri? Per anni si è insistito sul concetto che l’essere umano in fondo è irrimediabilmente isolato, e che la solitudine sia connaturata in lui, oggi si dovrebbe piuttosto pensare che la vita è fatta essenzialmente di relazioni e di compagnia. Le persone si percepiscono sempre insieme agli altri, anche quando sono da sole per mezzo di immagini, ricordi, sensazioni che costantemente lo accompagnano. Essere soli in taluni momenti è piacevole, quando però ciò non significa “essere isolati”, perché è proprio dal sentirsi isolati ed esclusi che può nascere il sentimento doloroso della solitudine che ci porta irrimediabilmente a preferire la condivisione della propria saliva con quella altrui attraverso lo sfogliare nervosamente e senza attenzione quelle pagine di quelle riviste usurate al centro della stanza piuttosto che essere “sociali”.

Psicologia Funzionale Firenze Cum-Tactum

Da qui la frase, o meglio la domanda conclusiva dell’opera di Jean Paul Sartre: “l’inferno sono gli altri?”. L’inferno forse rappresenta l’isolamento dall’altro e forse la lontananza dal bisogno fondamentale del Contatto con l’altro, l’inferno forse è il ripiegamento su di sé, il ripiegamento sull’attesa, sulla sala d’attesa della vita.


Bibliografia:

Rispoli L. (2016), Il Corpo in Psicoterapia oggi, Franco Angeli: Milano

Rispoli L. (2014), Il Manifesto del Funzionalismo Moderno, Alpes: Roma

Rispoli L. (2004), Esperienze di Base e Sviluppo del Sè, Franco Angeli: Milano

Rispoli L. (1996), "Manuale di sopravvivenza urbana. Lo stato di salute della città di Napoli", Ed. Intramoenia: Napoli

Sartre J.P. (1995), Le Mosche. Porta chiusa, Bompiani: Milano

www.psicologiafunzionale.it

 
 
 

Comments


Precedenti articoli
Archivio
Ricerca per tags
bottom of page